La Doppia Anima degli Emirati – Verticalità e angoli di tradizione

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Sofia Selva

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Cemento e sabbia: grattacieli come minareti moderni, souk tra vetro e vento caldo. Ci sono luoghi che si esplorano in linea retta, seguendo strade, percorsi, indicazioni. E poi ci sono territori che si vivono in verticale.

Abu Dhabi – Il silenzio tra vetro e fede
Sono arrivata ad Abu Dhabi in un pomeriggio caldo e silenzioso, quando la città sembra sospendere il respiro. Il profilo dello skyline si stagliava netto contro un cielo opalescente. Là dove una volta c’era solo sabbia, ora sorgono torri d’acciaio, strutture che sembrano danzare con la luce, cambiando forma a seconda dell’ora.

Eppure, è bastato attraversare il portale della Grande Moschea dello Sceicco Zayed per essere risucchiata in una dimensione completamente diversa. Lì, il bianco del marmo ti avvolge come un silenzio sacro. Tutto è orizzontale, disteso, ritmato. Il tempo rallenta, lo sguardo si abbassa, il corpo si piega. È come se la modernità si inchinasse, per un attimo, alla sacralità dell’antico.

In città, i contrasti sono ovunque: musei di architettura futurista come il Louvre Abu Dhabi, e poco distante i suq dove il tempo ha un altro passo, fatto di parole bisbigliate, tessuti da toccare, profumi da seguire.

Consiglio di viaggio
Prenota la visita della Moschea al tramonto: la luce dorata sulle cupole crea un’atmosfera quasi irreale. E se puoi, partecipa a una delle visite guidate gratuite offerte all’interno – sono ricche di spunti culturali e spirituali.

Qualcosa di insolito
Poco distante, tra gli spazi sterili della modernità, c’è un luogo poco noto: Warehouse421, un centro d’arte nascosto tra i magazzini del porto industriale. Qui, artisti locali e regionali raccontano di un paese più introspettivo e fragile, lontano dallo scintillio delle brochure turistiche.

Ras Al Khaimah – Dove il deserto comanda ancora
A Ras Al Khaimah, la verticalità si attenua. È un emirato che respira ancora con il ritmo della natura. Le montagne dell’Hajar incorniciano il paesaggio con la loro presenza severa, e il deserto non è stato del tutto domato.

Qui, il vento caldo non rimbalza sul vetro, ma si infila tra le case basse, accarezza i datteri maturi, si insinua tra le palme. Ho camminato per ore senza guardare in alto, ma lasciandomi guidare dal suolo, dai colori rossi e sabbiosi, dai gesti semplici.

Ras Al Khaimah ti insegna che non tutto deve crescere in verticale per avere valore. A volte è nell’orizzontalità, nella permanenza, nella lentezza, che si trova la vera connessione con un luogo.

Consiglio di viaggio
Salta i resort per una notte in tenda nel deserto o in un eco-lodge sulle montagne di Jebel Jais. La via ferrata all’alba è un’esperienza intensa, ma il vero incanto è sedersi a guardare il sole sorgere tra le rocce.

Qualcosa di insolito
Visita l’Al Jazirah Al Hamra, un villaggio di pescatori abbandonato, sospeso nel tempo. Le case in corallo e fango parlano di un passato che qui non è stato cancellato, ma lasciato intatto. Una passeggiata tra le rovine è un tuffo in un passato pre-petrolio, dove il vento racconta storie dimenticate.

Cemento e sabbia: la doppia anima degli Emirati
Gli Emirati sono l’incontro di due materie prime opposte: il cemento, che costruisce il futuro, e la sabbia, che conserva il passato. Dubai e Abu Dhabi si proiettano verso il cielo, ma Ras Al Khaimah – e con lei tanti altri angoli nascosti – ti ricordano che la terra ha ancora voce.

La verticalità degli edifici è un’aspirazione, una sfida al tempo e alla natura. Ma ogni torre ha bisogno di fondamenta, e quelle fondamenta spesso parlano la lingua dei mercati, dei cortili, delle moschee.

Questa convivenza non è sempre armoniosa. È tesa, in alcuni tratti artificiale. Ma è proprio questo che la rende affascinante. Camminare negli Emirati significa spostarsi continuamente tra due registri: il sussurro della tradizione e il boato dell’innovazione.

Il vento come filo narrativo
Il filo conduttore, per me, è stato il vento caldo. Lo stesso che ho sentito sulla pelle tra i grattacieli di Abu Dhabi, dove scivola come un ricordo tra le vetrate. E lo stesso che, a Ras Al Khaimah, sollevava la sabbia.

È lui il messaggero, il ponte tra i piani alti e la terra. Unisce senza urlare, scorre tra passato e futuro, tra cemento e dune. Quando non sai più se stai viaggiando nel tempo o nello spazio, è il vento a ricordarti che sei nel presente, nel mezzo esatto tra due mondi.

Tra salite simboliche e radici invisibili
Visitare gli Emirati è un atto di equilibrio: salire per vedere più lontano, scendere per capire meglio. È accettare che una città può costruire un centro commerciale grande come un aeroporto, e allo stesso tempo proteggere un piccolo suq dove le mani lavorano come cento anni fa.

È entrare in una torre specchiata e poi fermarsi a prendere un caffè arabo in una casa di fango e legno. È vivere in verticale, ma con le radici ben piantate nell’orizzontale.

Conclusione – Un viaggio tra direzioni contrarie
Il mio viaggio negli Emirati è stato un costante saliscendi, non solo fisico ma emotivo. Ho guardato il mondo dall’alto di una torre e ho sentito la verità nascosta dietro una tenda nel deserto. Ho visto il futuro e il passato convivere nella stessa piazza.

E ho capito che qui la vera magia non è scegliere tra modernità e tradizione. È accettare che entrambe siano necessarie. Che un grattacielo può ispirare quanto una tenda beduina. Che la direzione non è mai una sola. E che a volte, per capire un Paese, bisogna salire in alto solo per poter scendere meglio.

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